martedì 26 febbraio 2008

la RAI e la censura, VERGOGNA!!!

Barnard, Report, la RAI e la censura


Inoltriamo questa lettera del bravo giornalista d'inchiesta Paolo Barnard.
Lascia senza parole.


CENSURA 'LEGALE'


Cari amici e amiche impegnati a
dare una pennellata di decenza al nostro Paese, eccovi una forma di
censura nell'informazione di cui non si parla mai. E' la peggiore,
poiché non proviene frontalmente dal Sistema, ma prende il giornalista
alle spalle. Il risultato è che, avvolti dal silenzio e privi
dell'appoggio dell'indignazione pubblica, non ci si può difendere.
Questa censura sta di fatto paralizzando l'opera di denuncia dei
misfatti sia italiani che internazionali da parte di tanti giornalisti
'fuori dal coro'.


Si tratta, in sintesi, dell'abbandono in cui i
nostri editori spesso ci gettano al primo insorgere di contenziosi
legali derivanti delle nostre inchieste 'scomode'. Come funziona e
quanto sia pericoloso questo fenomeno per la libertà d'informazione ve
lo illustro citando il mio caso.


Si tratta di un fenomeno dalle ampie
e gravissime implicazioni per la società civile italiana, per cui vi
prego di leggere fino in fondo il breve racconto.


Per la trasmissione
Report di Milena Gabanelli, cui ho lavorato dando tutto me stesso fin
dal primo minuto della sua messa in onda nel 1994, feci fra le altre
un'inchiesta contro la criminosa pratica del comparaggio farmaceutico,
trasmessa l'11/10/2001 ("Little Pharma & Big Pharma"). Col comparaggio
(reato da art.170 leggi pubblica sicurezza) alcune case farmaceutiche
tentano di corrompere i medici con regali e congressi di lusso in posti
esotici per ottenere maggiori prescrizioni dei loro farmaci, e questo
avviene ovviamente con gravissime ripercussioni sulla comunità (il
prof. Silvio Garattini ha dichiarato: "Dal 30 al 50% di medicine
prescritte non necessarie") e spesso anche sulla nostra salute (uno dei
tanti esempi è il farmaco Vioxx, prescritto a man bassa e a cui sono
stati attribuiti da 35 a 55.000 morti nei soli USA).


L'inchiesta fu
giudicata talmente essenziale per il pubblico interesse che la RAI la
replicò il 15/2/2003.

Per quella inchiesta io, la RAI e Milena
Gabanelli fummo citati in giudizio il 16/11/2004(1) da un informatore
farmaceutico che si ritenne danneggiato dalle rivelazioni da noi fatte.


Il lavoro era stato accuratamente visionato da uno dei più alti
avvocati della RAI prima della messa in onda, il quale aveva dato il
suo pieno benestare.


Ok, siamo nei guai e trascinati in tribunale.
Per 10 anni Milena Gabanelli mi aveva assicurato che in questi casi io
(come gli altri redattori) sarei stato difeso dalla RAI, e dunque di
non preoccuparmi(2). La natura dirompente delle nostre inchieste
giustificava la mia preoccupazione. Mi fidai, e per anni non mi
risparmiai nei rischi.

All'atto di citazione in giudizio, la RAI e
Milena Gabanelli mi abbandonano al mio destino. Non sarò affatto
difeso, mi dovrò arrangiare. La Gabanelli sarà invece ampiamente difesa
da uno degli studi legali più prestigiosi di Roma, lo stesso che
difende la RAI in questa controversia legale.(3) Ma non solo.


La
linea difensiva dell'azienda di viale Mazzini e di Milena Gabanelli
sarà di chiedere ai giudici di imputare a me, e solo a me (sic), ogni
eventuale misfatto, e perciò ogni eventuale risarcimento in caso di
sentenza avversa.(4)
E questo per un'inchiesta di pubblico interesse da
loro (RAI-Gabanelli) voluta, approvata, trasmessa e replicata.*
*(la
RAI può tecnicamente fare questo in virtù di una clausola contenuta nei
contratti che noi collaboratori siamo costretti a firmare per poter
lavorare, la clausola cosiddetta di manleva(5), dove è sancita la
sollevazione dell'editore da qualsiasi responsabilità legale che gli
possa venir contestata a causa di un nostro lavoro. Noi giornalisti non
abbiamo scelta, dobbiamo firmarla pena la perdita del lavoro
commissionatoci, ma come ho già detto l'accordo con Milena Gabanelli
era moralmente ben altro, né è moralmente giusificabile l'operato della
RAI in questi casi).


Sono sconcertato. Ma come? Lavoro per RAI e
Report per 10 anni, sono anima e corpo con l'impresa della Gabanelli,
faccio in questo caso un'inchiesta che la RAI stessa esibisce come
esemplare, e ora nel momento del bisogno mi voltano le spalle con
assoluta indifferenza. E non solo: lavorano compatti contro di me.
La
prospettiva di dover sostenere spese legali per anni, e se condannato
di dover pagare cifre a quattro o cinque zeri in risarcimenti, mi è
angosciante, poiché non sono facoltoso e rischio perdite che non mi
posso permettere.


Ma al peggio non c'è limite. Il 18 ottobre 2005
ricevo una raccomandata. La apro. E' un atto di costituzione in mora
della RAI contro di me. Significa che la RAI si rifarà su di me nel
caso perdessimo la causa. Recita il testo: "La presente pertanto vale
come formale costituzione in mora del dott. Paolo Barnard per tutto
quanto la RAI s.p.a. dovesse pagare in conseguenza dell'eventuale
accoglimento della domada posta dal dott. Xxxx (colui che ci citò in
giudizio, nda) nei confronti della RAI medesima".(6)


Nel leggere
quella raccomandata provai un dolore denso, nell'incredulità.


Interpello Milena Gabanelli, che si dichiara estranea alla cosa. La
sollecito a intervenire presso la RAI, e magari anche pubblicamente,
contro questa vicenda. Dopo poche settimane e messa di fronte
all'evidenza, la Gabanelli tenta di rassicurarmi dicendo che "la
rivalsa che ti era stata fatta (dalla RAI contro di me, nda) è stata
lasciata morire in giudizio... è una lettera extragiudiziale dovuta, ma
che sarà lasciata morire nel giudizio in corso... Finirà tutto in
nulla."(7)


Non sarà così, e non è così oggi: giuridicamente parlando,
quell'atto di costituzione in mora è ancora valido, eccome. Non solo,
Milena Gabanelli non ha mai preso posizione pubblicamente contro
quell'atto, né si è mai dissociata dalla linea di difesa della RAI che
è interamente contro di me, come sopra descritto, e come dimostrano gli
ultimi atti del processo in corso.(8)


Non mi dilungo. All'epoca di
questi fatti avevo appena lasciato Report, da allora ho lasciato anche
la RAI. Non ci sarà mai più un'inchiesta da me firmata sull'emittente
di Stato, e non mi fido più di alcun editore. Non mi posso permette di
perdere l'unica casa che posseggo o di vedere il mio incerto reddito di
freelance decimato dalle spese legali, poiché abbandonato a me stesso
da coloro che si fregiavano delle mie inchieste 'coraggiose'. Questa
non è una mia mancanza di coraggio, è realismo e senso di
responsabilità nei confronti soprattutto dei miei cari.


Così la mia
voce d'inchiesta è stata messa a tacere. E qui vengo al punto cruciale:
siamo già in tanti colleghi abbandonati e zittiti in questo modo.


Ecco come funziona la vera "scomparsa dei fatti", quella che voi non
conoscete, oggi diffusissima, quella dove per mettere a tacere si
usano, invece degli 'editti bulgari', i tribunali in una collusione di
fatto con i comportamenti di coloro di cui ti fidavi; comportamenti
tecnicamente ineccepibili, ma moralmente assai meno.


Questa è censura
contro la tenacia e il coraggio dei pochi giornalisti ancora disposti a
dire il vero, operata da parte di chiunque venga colto nel malaffare,
attuata da costoro per mezzo delle minacce legali e di fatto permessa
dal comportamento degli editori.


Gli editori devono difendere i loro
giornalisti che rischiano per il pubblico interesse, e devono
impegnarsi a togliere le clausole di manleva dai contratti che, lo
ribadisco, siamo obbligati a firmare per poter lavorare.


Infatti oggi
in Italia sono gli avvocati dei gaglioffi, e gli uffici affari legali
dei media, che di fatto decidono quello che voi verrete a sapere,
giocando sulla giusta paura di tanti giornalisti che rischiano di
rovinare le proprie famiglie se raccontano la verità.


Questo bavaglio
ha e avrà sempre più un potere paralizzante sulla denuncia dei misfatti
italiani a mezzo stampa o tv, di molto superiore a quello di qualsiasi
politico o servo del Sistema.


Posso solo chiedervi di diffondere con
tutta l'energia possibile questa realtà, via mailing lists, siti,
blogs, parlandone. Ma ancor più accorato è il mio appello affinché voi
non la sottovalutiate.


In ultimo. E' assai probabile che verrò
querelato dalla RAI e dalla signora Gabanelli per questo mio grido
d'allarme, e ciò non sarà piacevole per me.


Hanno imbavagliato la mia
libertà professionale, ma non imbavaglieranno mai la mia coscienza,
perché quello che sto facendo in queste righe è dire la verità per il
bene di tutti. Spero solo che serva.


Grazie di avermi letto.

Paolo
Barnard
dpbarnard@libero.it


Note:


1) Tribunale civile di Roma, Atto
di citazione, 31095, Roma 10/11/2004.
2) Fatto su cui ho più di un
testimone pronto a confermarlo.
3) Nel volume "Le inchieste di Report"
(Rizzoli BUR, 2006) Milena Gabanelli eroicamente afferma: "...alle
nostre spalle non c'è un'azienda che ci tuteli dalle cause civili".
Prendo atto che il prestigioso studio legale del Prof. Avv. Andrea Di
Porto, Ordinario nell'Università di Roma La Sapienza, difende in questo
dibattimento sia la RAI che Milena Gabanelli. Ma non me.
4) Tribunale
Ordinario di Roma, Sezione I Civile-G.U. dott. Rizzo- R.G.N.
83757/2004, Roma 30/6/2005: "Per tutto quanto argomentato la RAi-
Radiotelevisione Italiana S.p.a. e la dott.ssa Milena Gabanelli
chiedono che l'Illustrissimo Tribunale adìto voglia:...porre a carico
del dott. Paolo Barnard ogni conseguenza risarcitoria...".
5) Un
esempio di questa clausola tratto da un mio contratto con la RAI: "Lei
in qualità di avente diritto... esonera la RAI da ogni responsabilità
al riguardo obbligandosi altresì a tenerci indenni da tutti gli oneri
di qualsivoglia natura a noi eventualmente derivanti in ragione del
presente accordo, con particolare riferimento a quelli di natura legale
o giudiziaria".
6) Raccomandata AR n. 12737143222-9, atto di
costituzione in mora dallo Studio Legale Di Porto per conto della RAI
contro Paolo Barnard, Roma, 3/10/2005.
7) Email da Milena Gabanelli a
Paolo Barnard, 15/11/2005, 09:39:18
8) Tribunale Civile di Roma,
Sezione Prima, Sentenza 10784 n. 5876 Cronologico, 18/5/2007: "la parte
convenuta RAI-Gabanelli insisteva anche nelle richieste di cui alle
note del 30/6/2005...". (si veda nota 4)